LA COMMISSIONE TRIBUTARIA

    Ha emesso la seguente ordinanza.

                              F a t t o

    Con  il  ricorso  n. 218/04,  il  sig  Murru Attilio, Maresciallo
maggiore  aiutante  dell'Esercito, in congedo, conveniva in giudizio,
davanti all'intestata Commissione tributaria, l'Agenzia delle entrate
- Ufficio di Trento, esponendo che, con istanza del 26 febbraio 1996,
aveva  chiesto  alla  Direzione  delle entrate, Sezione distaccata di
Trento,  il  rimborso complessivo di L. 304.440 (pari ad Euro 157,23)
per  ritenute IRPEF operate sulla pensione privilegiata ordinaria dal
1°  ottobre 1995 al 31 gennaio 1996, oltre agli interessi legali; che
l'importo  a  tale  titolo percepito era stato di L. 232.416, pari ad
Euro  120,03;  che  a  norma  dell''art. 34 del d.P.R. n. 601/1973 le
pensioni privilegiate ordinarie erano esenti dall'imposta sul reddito
delle persone fisiche; che, con provvedimento del 30 gennaio 2004, la
suddetta  istanza  di  rimborso era stata rigettata sulla scorta che,
esenti  dall'Irpef,  erano  soltanto le cosiddette pensioni tabellari
militari e non anche le pensioni privilegiate ordinarie come ritenuto
dalla  Corte costituzionale con sentenza n. 387 del 4-11 luglio 1989,
nonche'  la Circolare Ministero finanze n. 21 del 21 maggio 1991; che
l'assunto  dell'ufficio  era  infondato  alla  luce  del disposto del
citato art. 34 che indicava, oltre alle pensioni di guerra, anche gli
assegni  connessi alle pensioni privilegiate ordinarie. Il ricorrente
chiedeva,  pertanto, in principalita', che fosse dichiarata esente da
imposta sul reddito delle persone fisiche la pensione privilegiata da
esso   ricorrente   percepita,   con   condanna  dell'Amministrazione
convenuta  al pagamento, in favore di esso ricorrente, della somma di
L.  304.440,  pari  ad Euro 157,23, oltre agli interessi legali dalla
domanda, al saldo; in subordine, che, anche quando non fosse ritenuta
la   esenzione  dall'Irpef  della  pensione  privilegiata  ordinaria,
fossero tali ritenuti gli assegni connessi alla pensione privilegiata
percepita   da  esso  ricorrente  con  condanna  dell'Amministrazione
convenuta  al  pagamento,  in  favore  del ricorrente medesimo, delle
somme  trattenute a titolo di lrpef su detti assegno percepiti dal 1°
ottobre 1995 al 31 ottobre 1996.
    Si  costituiva  in  giudizio l'Agenzia delle entrate - Ufficio di
Trento,   contestando  l'assunto  del  ricorrente  e  sostenendo  che
l'art. 34   del   d.P.R.   n. 601/1972   si  rendeva,  nella  specie,
inapplicabile,  stante  la  tassativita'  delle  previsioni  in  esso
contenute,  ampliate  alle  pensioni privilegiate ordinarie tabellari
per  effetto della suddetta decisione della Corte costituzionale; che
le  pensioni  militari  tabellari,  a  differenza  di  quelle  che si
innestavano  su un rapporto di dipendenza volontariamente costituito,
concernevano  un  rapporto  di servizio obbligatorio, quale quello di
leva  e  la loro gravita' non era correlata ad una qualsivoglia forma
di  retribuzione,  bensi'  «alla  gravita'  della  menomazione  della
capacita'  di  lavoro  subita  in  occasionalita'  necessaria  con la
prestazione   del  servizio  di  leva»  (Corte  costituzionale  sent.
n. 387/1989);  che  la  pensione privilegiata ordinaria dei militari,
contemplata  dall'art. 67  del  d.P.R. n. 1092/1973, non rientrava in
nessun  caso tra quelli contemplati dall'art. 34 citato; che anche il
giudice  di  legittimita' aveva distinto tra servizio di leva e ferma
volontaria. La convenuta chiedeva, pertanto, la reiezione del ricorso
con il favore delle spese.
    Con  memoria  depositata  il  28  settembre  2004,  il ricorrente
replicava  a  quanto ritenuto dall'Agenzia delle entrate, convenuta e
ribadiva  le proprie argomentazioni e conclusioni. Con istanza dd. 1°
giugno  2004,  comunicata  alla  convenuta  in pari data, chiedeva la
trattazione del ricorso in pubblica udienza.
    A  tale  udienza, le parti ribadivano le proprie argomentazioni e
conclusioni.

                            D i r i t t o

    Occorre  premettere  che,  ai sensi dell'art. 64 del T.U. n. 1092
del  1973, per il riconoscimento del diritto a pensione privilegiata,
e'  necessario  e sufficiente che la lesione o infermita', dipendenti
da  causa di servizio, abbia reso l'iscritto inabile allo svolgimento
delle  mansioni  sue  proprie della qualifica possedute ed esercitate
alla  data  del  collocamento a riposo, qualunque sia stato il motivo
formale  della  cessazione  dal  servizio (C. Conti reg. Sicilia sez.
giurisd., 19 aprile 1999, n. 89).
    Conseguentemente,  non  par  dubbio  che l'assegno corrisposto al
ricorrente «a titolo di trattamento pensionistico privilegiato» (cfr.
provvedimento  13  settembre 1995, allegato al ricorso sub doc. n. 2)
abbia natura risarcitoria.
    La  natura  di  pensione  privilegiata dell'aumento in questione,
tuttavia,  non  e'  sufficiente  ai fini della sua assimilazione alle
pensioni di guerra.
    Per  la  suprema  Corte  (Cass.  5 aprile 1996 n. 3204), infatti,
«agli  effetti  tributari sono assimilabili alle pensioni di guerra e
sono  quindi  esenti dalla imposta sul reddito delle persone fisiche,
ai sensi dell'art. 34, comma 1, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 (nel
testo  risultante  dalla  sentenza 11 luglio 1989, n. 387 della Corte
costituzionale    dichiarativa    della    parziale    illegittimita'
costituzionale  di  detta  norma), le pensioni privilegiate ordinarie
militari,  aventi  natura  esclusivamente risarcitoria, attribuite ai
militari  (di  qualsiasi  grado  e  qualifica)  per fatti invalidanti
connessi  alla  prestazione  del  servizio  di  leva,  mentre  non e'
sufficiente,   ai   fini  della  fruizione  del  beneficio,  la  sola
circostanza che l'ammontare della pensione sia determinato in base ai
parametri  tabellari,  ai sensi dell'art. 67, ultimo comma, d.P.R. 29
dicembre  1973,  n. 1092  e  dell'allegata  tabella n. 3 e successive
modificazioni  ed  integrazioni,  poiche'  questa  circostanza non fa
venir  meno  la  natura  reddituale  della erogazione, ove questa non
risulti   casualmente   collegata   alla   prestazione  del  servizio
obbligatorio  di  leva,  e  non  giustifica,  percio',  la  deroga al
principio  generale  -  desumibile  dagli  artt. 1, 46 e 47 d.P.R. 29
settembre 1973, n. 597 - della imponibilita' dei redditi derivanti da
pensioni e da assegni ad esse equiparati».
    Nella  specie, l'aumento in questione e' stato concesso «a titolo
di  trattamento pensionistico privilegiato» e non di assegno connesso
a  tale pensione, cui soltanto si riferisce la norma invocata e dalla
quale,  percio',  tale  aumento  deve ritenersi escluso. A differenza
degli  assegni  ad  esse connessi, le pensioni privilegiate ordinarie
non sono sottratte all'imposta sul reddito delle persone fisiche, pur
se,  per  effetto del cumulo e della relativa aliquota di imposta, il
beneficio  concesso viene non solo eliminato, ma si trasforma persino
in uno strumento di decremento del reddito, cosi' come, nella specie,
sembra essere avvenuto, laddove (come deduce il ricorrente), a fronte
di un riconosciuto e concesso incremento della pensione di L. 232.416
l'importo sottratto a titolo di IRPEF e' stato di L. 304.440.
    Gia',  in  via  di  principio,  il  cumulo dei redditi in capo al
medesimo  percettore  appare  illegittimo  in  quanto,  attraverso il
meccanismo    della    aliquota   progressiva,   mina,   all'interno,
specialmente  dei  nuclei  familiari,  il  principio  di  eguaglianza
sostanziale  posto  dall'art. 3 della Costituzione, determinando esso
una  evidente disparita' di trattamento tra famiglie composte da piu'
percettori  di  reddito  e famiglie composte da un solo percettore di
reddito (cfr. Corte cost. 24 marzo 1983, n. 76).
    Detto  cumulo,  nella  specie,  non  puo' ritenersi conforme allo
spirito  (oltre  che  alla  lettera) dell'art. 53 della Costituzione,
atteso  che,  nella  previsione  della  capacita'  contributiva,  non
possono,  per  certo,  farsi  rientrare  somme (peraltro generalmente
modeste),  riconosciute  e  corrisposte a titolo di infermita' subite
dal  contribuente  nell'espletamento  di un servizio reso a vantaggio
della  collettivita'  (qual  e'  il servizio militare anche se non di
leva)  ed  inidonee  persino  a compensare le perdite che, sia pure a
livello  di mera potenzialita', il titolare avrebbe potuto conseguire
in difetto delle subite infermita'.
    Oltre  che  in  contrasto  con  l'art. 53  della Costituzione, il
cumulo   in   parola   viola  anche  l'art. 3,  commi  1  e  2  della
Costituzione,  atteso  che, alla luce del primo comma, esso opera una
disparita' di trattamento rispetto a quanti non affetti da infermita'
ed  essendo  percettori  di  piu'  redditi,  si trovino in situazioni
diverse  rispetto  a quella in cui versa il soggetto infermo e, sotto
il  profilo  del secondo comma, in quanto e' compito della Repubblica
rimuovere  una  tale  sostanziale  disparita' di ordine economico, la
quale,  traducendosi  persino in un decremento di reddito, si pone in
contrasto  con  la  riconosciuta  necessita'  di  incrementarlo  e si
traduce  in un ostacolo che impedisce il pieno sviluppo della persona
umana.
    La  sottrazione  dell'aumento  in parola alle agevolazioni di cui
all'art. 34 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 601 ed il relativo cumulo
appaiono,  percio', costituzionalmente illegittimi in quanto violano,
nella  sostanza,  oltre  che  nella forma, i precetti contenuti negli
artt. 3 e 53 della Costituzione.